Verdi colline e antiche tradizioni
Circondata dal verde, in un territorio ricco di acque e di giacimenti minerari, Campofranco da quattro secoli celebra le sue feste più importanti: la Pasqua, rappresentata teatralmente, e il festino di S. Calogero "ricco", patrono della città
Sul versante sud del monte S. Paolino, un pò più giù dell'antichissima Sutera e a soli tre chilomentri dal bivio che si diparte dalla strada a scorrimento veloce Palermo-Agrigento, su un poggio arieggiato e ameno, sorge Campofranco, ridente comune collinare nella Valle dei Platani, in provincia di Caltanissetta, dalla quale dista 75 chilometri circa. Il suo territorio confina con Sutera, Milena, Casteltermini, Grotte e Aragona.
A circa tre chilometri dal paese, in contrada Auricella, una vecchia trazzera conduce direttamente, con un percorso accidentato ma in una zona panoramica e suggestiva, al Gallo d'Oro, un torrente che sgorga da varie sorgenti delle alture di Mussomeli e Montedoro, riceve le acque dei torrente Salito e va a gettarsi nel fiume Platani. Quasi al termine della trazzera, a valle, in un punto in cui le due rive si restringono, oggi si possono osservare i due tronconi di un grande ponte, il cosiddetto "ponte romano", crollato alla fine dei luglio 1980. Il ponte era parte dell'Itinerario diAntonino Augusto, importante nodo stradale dell'epoca romana, che portava ad Agrigento. Nelle vicinanze vi era una statio, la Comiciana, cioè una stazione di passaggio (una soda di odierno motel) con case, magazzini e stalle, dei quali sono state ritrovate delle tracce. Sicuramente più volte danneggiato e ricostruito, dopo l'ultimo crollo nel 1700 la Deputazione dei Regno di Sicilia aveva dato incarico di costruirne uno nuovo. Nel 1815 Antonino Lucchesi Palli lo aveva fatto restaurare. Altri interventi lo avevano interessato nel 1931 nel 1940. Nel 1977 sono comparsi lesioni e squarci tra i massi della pa centrale dell'arco, poi il crollo. Le zone collinari dei territorio di Campofranco si prestano all'allevam di mandrie e greggi, mentre la parte pianeggiante e in lieve pendio offre ( dizioni favorevoli alla coltivazione de cereali, della vite, dell'ulivo, dei man lo e degli alberi da frutto.
Il comprensorio è ricco di giaciment minerali e di sorgenti fresche; limpic acque, spesso amare, sgorgano nelk campagne (la Iuntana di li rosi", la Iavara"...). Vi fioriscono piccole azi de agricole, giardini di agrumeti, frut e vigneti. Scomparsi i grandi colossi industria degli anni Sessanta, fra i quali lo stà mento di sali potassici della Montec; (poi ltalkali), forse uno dei più grand d'Europa, e chiusa la miniera di Cozi Disi, la vocazione di Campofranco & bra possa essere oggi quella turistiu Certamente, cosii come gli altri centri vicini (Milena, Sutera, Acquaviva, Mussomeli) con i quali si intendecreare un comprensorio unico, visto il comi patrimonio storico e tradizionale, Campofranco dovrà mettere in atto n piani di sviluppo socio-economico, aziende agricole, anche piccole, con allevamenti più razionali e associazie interpoderali.
Le feste
Le tradizioni religiose e folkloristiche Campofranco vantano quattro secoli vita, da quando, nel 1573, a popolare nuovo borgo si mosse un gruppo di diciannove suteresi, con mogli, figli, parenti, attratto dalle agevolazioni ec( nomiche offerte a chi si fosse stabilifi nel nuovo casale. I nuovi abitanti por rono con sé le loro abitudini e tradizi, ormai consolidate, e le prime chiese sorsero per iniziativa di un frate dei c vento di S. Francesco di Sutera, sottc l'autorità dei vescovo di Girgenti, don Pietro De Michele. Accanto alle chiese sorsero numerose confraternite quella dei SS. Salvatore, dei SS. Sacramento, della Carità e altre ancora, che avevano l'incarico di orga-nizzare le festività più importanti: la cele-brazione della Pasqua, innanzi tuffo, e col tempo quella dell'Immacolata, dell'Ascensione e le altre. Nacque anche, così, la festa più importante soffio il patrocinio dei Campo, quella di S. Maria Odiglitria, o dell'Itria, la terza domenica di agosto, poi spostata il martedì di Pentecoste, con la processione del gruppo artistico dell Madonna con il Bambino e i due Calorij di L'Itria, opera di maestranze palermitane. la festa è scomparsa a metà dell'Ottocento.
Ancora oggi il sacro si lega al profano, grazie a uno spirito religioso che attesta, come scrive Cocchiara, che " le tradizio-ni dei popolo sono parte integrante della nostra storia, della nostra civiltà, della nostra umanità", tramandandosi come atti di fede di padre in figlio. Le stesse pratiche agricole della semina e dei rac-colto venivano viste in dipendenza diret-ta della benevolenza divina, e vi* veniva-no invocati i nomi di Gesù, di Maria e di molti tra i santi più importanti. La Domenica delle Palme i contadini lavorano i rami di palme e di ulivo, e i ragazzi, legate le campane delle chiese, vanno in giro a far rumore con speciali strumenti di legno: "raganelle o truccu-". Il Giovedì santo vi è l'addobbo dei sepolcri con speciali piante a lunghi steli di grano, germogliati "a lu scuru" in una ciotola o in un piatto, legati con nastri e deposti a terra davanti l'altare dei S. Sepolcro. Fino a pochi anni fa, tuffo si concentrava, oltre che sulle cerimonie che si svolgevano in chiesa, sulla "cena" dei Governatori delle Confraternite. Dodici Apostoli e il Signore sedevano davanti a un gran mensa imbandita con l'agnello arrostito, nel salone dell'Oratorio. La sera, dopo la cena, la statua del l'Ecce Homo peregrinava con una gran folla di fedeli silenziosi dalla Matrice alla chiesa dell'Itria. Il Venerdì santo si svolge ancora oggi nella sua integrità la Giunta, cui segue la Crocifissione e la Scinnenza. E un rito antico, con i simulacri portati ancora a spalla dai devoti, secondo una più recente organizzazione della fine dell'800 dovuta all'arciprete don Vito Modica. Egli fece rinnovare tulti i personaggi della Pasqua, affidandone l'incarico allo scultore don Michele Caltagirone, detto il Quarantino, della vicina Casteltermini.
La Madonna, S. Giovanni e Gesù, con la croce sulle spalle, si ritrovano alle ore 14 tra una gran folla di fedeli sotto il Calvario, per l'incontro in un profondo silenzio rotto soltanto dalle note gravi e solenni della banda musicale lì massimo della commozione si raggiunge quando Gesù bacia la mano dell'Addolorata, quindi i tre gruppi salgono ai luogo vicino dove Gesù è messo in croce. A sera l'urna con Gesù modo fa i I giro dei paese e la processione diventa più suggestiva, mentre il giorno va scemando e la fiamma dei ceri incartocciati comincia a tingere i volti di una pallida luce. La "lamintanza" di qualche vecchio diventa sempre più ossessionante, un lamento di dolore e di spasimo. E così avanti e indietro sino alla piazza principale e al silenzio assoluto dopo la fine della processione. Nel pomeriggio della Domenica chiude le manifestazioni pasqualì una processione coi simulacro del Sacro Cuore di Gesù. L'ultima domenica di luglio, almeno una volta nella vita, i campofranchesi compiono a piedi scalzi il viaggio dalla propria dimora alla chiesa di S. Francesco, per i festino di S. Calogero ricco. Da quasi tre secoli, da quel fatìdìco Il gennaio 1693, giorno di uno dei più tremendi terremoti dell'Isola, Campofranco ringrazia Calogero, santo taumaturgo famoso nella diocesi di Agrigento, per averlo preservato dalla rovina dei terremoto, ed impetra il suo aiuto per essere liberato da ogni male anche spirituale. L'intero mese di luglio è dedicato ai santo; per trenta giorni, ogni sera, una folla di devoti assiste alla messa nella chiesa dell'antico convento francescano, recita il vespro e canta «Fedeli a Calogero, correte fidenti, mentr'Egli sa compiere sublimi portenti».
Il "viaggio" a piedi scalzi. con il rosario in mano, fino ad alcuni anni fa si completava nella chiesa con la "lingua a strascinuni" dall'entrata fino all'altare maggiore, Oggi restano gli abitini bianchi con i bottoni neri per i bambini, la raccolta delle offerte per una "missa cugliuta", le grandi forme di pane, anche a decine di chili, che riproducono gambe, braccia o altre pani dei corpo guarite per intercessione dei santo.
Da un paio d'anni la Pro Loco organizza una sagra dei pupi, con quintali di pane che viene distribuito a tuffi. E tutti si segnano con la croce, e anche i più sceltici mangiano il pane come cosa sacra; perché S. Calogero, come raccontano in tanti, è capace di venirti a trovare di notte e di prenderti a bastonate: la bellissima statua, rappresenta un monaco con un viso doicissimo, la veste candida e il mantello nero, ma con un bel bastone d'argento (regalo dei principi' Lucchesi nell'800). Molto sentita è anche la festa dell'Immacolata Concezione, L'8 dicembre, che si tramanda dal 1624, anno della peste a Palermo. Il sostegno a questo culto trovò il suo centro dì ìrradiamento nelle chiese francescane e in quel tempo sorsero cappelle, simulacri, confraternite in ogni pane di Sicilia. Campotranco non fu da meno: i frati francescani iniziarono la processione della Madonna tra la chiesa di S. Francesco e la Matrice, che dura tutt'oggi. Nel 1714 i( sacerdote Antonino Infante faceva scolpire a sue spese una statua molto bella dell'immacolata; nei 1760 veniva istituita la Contratemita della Madre di Dio e alcune manifestazione folkloristiche, come quella delle cotaccalle. la processione porta le due statue dell'Immacolata e dì S. Lucia dalla chiesa di S. Francesco alla Matrice e, dopo una settimana, si svolge una processione di ritorno. Di sera, vampe e fuochi nelle piazze e nelle campagne circostanti. Sino a pochi anni fa il 19 rnarzo si svolgeva la "tavulata di li vicchiareddri", banchetto con grande profusione di cibi, per sciogliere voti o beneficiare i poveri. Venivano scelti tre santi (o sei, o nove, o dodici), Gesù, Maria e Giuseppe. Il prete benediceva le pietanze e il pranzo veniva spesso rallegrato da musiche. La tradizione, riproposta qualche anno fa dalla Pro loco, è stata di nuovo abbandonata. Per S. Rita, infine, il 22 maggio, si svolge una originale benedizione di automobili e motociclette, un tempo patrocinata dagli operai della Montecatini.