Storia del Comune

Dai baroni Del Campo ai principi Lucchesi Palli
Piccolo casale fondato nel 1573 dal barone Giovanni Del Campo su licenza regia, Campofranco diviene in breve tempo un fiorente borgo, passato poi ai Lucchesi Palli che lo elevarono a principato

La storia di Campofranco comincia nei 1549, quando la famiglia Dei Campo perde la baronia di Mussomeli per una serie di disavventure legate al nome di Cesare Lanza. Al barone Dei Campo rimase il possesso solo di quattro feudi, Lo Zubbio, Castelmauro, San Biagio e Fontana di Rose.

 
I Dei Campo si ritirarono allora a vita privata, sino a quando Giovanni, il più giovane della famiglia, non decise di risollevare le sorti della casata, popolando uno dei suoi feudi. Il 10 febbraio 1573 Filippo Il di Spagna, figlio di Carlo V, sotto la cui dominazione ricadeva la Sicilia, invia lettere regali con la licenza di edificare un casale e chiamarlo Campofranco. Per la verità, un piccolo casale esisteva già nel feudo Fontana di Rose, dove erano sode capanne e case di pastori e contadini, magazzini per la conservazione dei cereali, un locale per la secrezia; tutto il complesso era difeso da una torre, con soprastanti e campieri.
 
Dopo alcuni mesi, a settembre, il barone stipulava <<A capitoli della baronia>> con alcuni cittadini di Sutera, fissando le condizioni per un buon rapporto di convivenza fra signori e vassalli. Vi venivano concordate gabelle, franchigie, agevoiazioni, censi, privilegi, diritti e doveri. La vita dei paese cominciò a svolgersi, dunque, simile a quella di tanti altri comuni. Presto, attratti da regalie e privilegi, accorsero dalle terre vicine contadini e artigiani, e il nuovo minuscolo borgo andò ampliandosi con beverature, chiese, forni, mulino e altre infrastrutture essenziali per la crescita dei comune. Il Governatore don Giovanni Lo Burgio, per rendere più accogliente il nuovo borgo, spianò il terreno davanti ai castello , destinandolo a piazza grande, mentre di fronte, in leggero pendio, sorgeva la Chiesa Madre, dedicata a San Giovanni Evangelista (Giovanni era il nome dei feudatario). Come a cingere la vasta piazza a corona, si tracciarono le prime vie, strette e tortuose, con cortili ariosi e ampi, dove carrettieri, artigiani, soprastanti, cittadini andavano costruendo le case, solitamente a un piano.
 
Una struttura architettonica che condizionò le costruzioni dei paese negli anni a venire. Nella piazza, poi detta della Matrice, furono subito date le licenze (di pertinenza del barone) per aprire il macello (o bocceria), il fondaco, il forno, le botteghe, mentre l'acqua zampillava e riempiva le vasche della beveratura, che serviva uomini e animali. Le prime strade furono via dell'Itria, via della Matrice, via delle Fosse, via delle Pile (dove erano stati costruiti un abbeveratoio e un lavatoio), via dell'Ebreo, via dei Sarto... Via dei Mercato (poi via Lunga e infine via Umberto) era ancora fino a poco tempo fa il corso principale, che iniziava dalla piazza e quasi in un unico tratto, angusto e sinuoso, raggiungeva la chiesa e il convento di San Francesco.
Qui si sviluppò un altro quartiere, con la via Lume (per la presenza di una chiesetta dedicata alla Madonna dei Lume) che conduceva a una trazzera che saliva a Sutera.
 
L'amenità dei luogo e la bellezza dei paesaggio contribuirono al progressivo espandersi della popolazione: nel 1583 il primo censimento della popolazione registrava 117 fuochi cioè famiglie, e 462 anime; poco più di dieci anni dopo, nel 1595, erano salite a 910. I Campo ressero il paese sino al 1622, con le solite liti familiari, quando l'ultima baronessina, donna Eleonora, sposò giovanissima don Fabrizio Lucchesi Palli, della famiglia di Sciacca e Naro, che nel 1625 ottenne da Filippo IV il titolo di principe di Campofranco. I Lucchesi discendevano da un nobile rampollo toscano, Andrea, barone dei castello di Trepalli, nei pressi di Lucca, che venne in Sicilia al seguito di Ruggero il Normanno.
 
Dopo la conquista normanna raccolse onori e favori a Sciacca, Naro e Palermo. I Lucchesi divennero tra i più ricchi baroni di Sicilia e la loro potenza si accrebbe ancora nel '700 e nell'800, culminando con il potere civile, religioso e culturale di Antonio, che promosse l'Accademia della Galante Conversazione (1760); con Andrea, che divenne vescovo di Girgenti (1755) e istituì la Biblioteca Lucchesiana; Giuseppe, che si coprì di gloria sui campi di battaglia (1756); e un altro Antonio, uno dei protagonisti della vita politica dei Regno delle Due Sicilie, per due volte Luogotenente dei Regno.
 
La numerosa discendenza dei principi Lucchesi, tuttavia, non portò miglioramenti determinanti alla crescita del paese, ricordato nei documenti per le scarse contribuzioni e i legati destinati dai feudatari per le chiese, gli altari, le feste e per i poveri. Nel corso dei secoli, il feudalesimo, con le sue angherie e soprusi, produsse qualche caso di rivolta, stroncato con la forca, il cui' emblema si ergeva alle porte dei paese; vi furono carestie, banditi (il famoso Peppe Termini), la peste e il colera (che nel 1887 ebbe in Edmondo de Amicis un cronista d'eccezione).
 
In epoca moderna, con lo stabilimento dei sali potassici della Montecatini, con la miniera di zolfo Cozzo Disi (oggi entrambi chiusi) e con altre piccole attività industriali, Campofranco ha conosciuto un periodo di benessere. 

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